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L’aveva pensata giusta Ole Kirk Kristiansen, quando nel lontano 1934 coniò il nome LEGOin danese leg godt significa gioca bene – per trasmettere l’idea su cui fondava la sua nuova impresa: produrre piccoli mattoncini che favorissero un gioco educativo, capace di stimolare l’intelligenza dei più piccoli. 

L’ha pensata giusta Kjeld Kirk Kristiansen, nipote di Ole e attuale proprietario del gruppo LEGO – quando nel 1996 ricercando uno strumento per sbloccare l’immaginazione e l’innovazione all’interno dell’azienda, si rese conto che la soluzione era nascosta all’interno degli stessi mattoncini che per anni aveva proposto ai bambini di tutte le fasce d’età. Proprio come le costruzioni Lego avevano ispirato i bambini a “costruire i loro sogni” per decenni, così agli adulti poteva essere chiesto di costruire le loro visioni per la strategia futura utilizzando le costruzioni.
Da qui nacque, la oggi ormai nota, metodologia LEGO SERIOUS PLAY® utilizzata in molte aziende che dedicano del tempo alle attività formative.

Il metodo LEGO: in cosa consiste e quali finalità?

“Tutti i grandi sono stati bambini una volta”
Il Piccolo Principe – A. De Saint-Exupéry

Il ruolo del formatore è come sempre cruciale. Suo sarà il compito di introdurre inizialmente i partecipanti al metodo: sarà lui a far tornare i grandi bambini, a far sì che dimentichino i classici metodi di ragionamento, al fine di lasciarsi guidare dalla creatività e dalla libertà di pensare con le proprie mani.
Attraverso una serie di domande il docente faciliterà la condivisione di idee tra i partecipanti, riuscendo grazie al gioco e al metodo storytelling, a coinvolgere anche il discente più timido e chiuso, fornendo a tutti i partecipanti una voce. Ed è qui che si scoprono i veri punti di forza di tale metodica in quanto la sua attivazione richiede ai partecipanti di utilizzare le proprie abilità visive, uditive e cinestesiche per imparare ad ascoltare gli altri e rispettarne pensieri e opinioni.

L’applicazione delle Lego, essendo dunque una modalità per:

  • esplorare le relazioni e le connessioni tra le persone;
  • osservare le dinamiche interne ed esterne al team;
  • ipotizzare vari scenari e processi;
  • costruire  metafore che poi si tramutano in idee e modelli;

risulta consona per più ambiti: si va dal problem solving, all’area strategica, passando per tematiche legate alla comunicazione e al team building.

Con molti vantaggi e poche controindicazioni, il gioco delle Lego non poteva che incuriosire i formatori Project Group.

Sperimentandolo in prima persona, ne hanno colto gli elementi più salienti ed importanti, per integrarli nello sviluppo di nuove esercitazioni e metodologie didattiche attive che tanto bene fanno alla formazione e ai discenti. E così si è nuovamente arricchito il bagaglio formativo di Project Group, che ha già al proprio interno tante metodologie fortemente innovative tra le quali citiamo un’altra, meno conosciuta, la flipped classroom.

Per essere sempre più competitivi in un mercato in continua evoluzione è importante che ogni azienda investa sulla formazione di un team professionale e competente.

Siete d’accordo? Let’s play together!