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Si legge in un soffio, anche se le parole e i concetti meriterebbero tempo e riflessione; stiamo parlando de “I 4 accordi”, un piccolo libro di saggezza tolteca in cui l’autore, Don Miguel Ruiz, condivide principi utili all’uomo per raggiungere la completa libertà dell’essere.

L’inizio (filosofico) pone le premesse per la comprensione degli Accordi. Come da antica tradizione, i toltechi credono che gli uomini siano immersi in un sogno che impedisce loro di vedere ciò che sono realmente; questo sogno non è altro che la società, le sue regole, credenze, valori morali, leggi, religioni e le diverse culture. Quando un individuo nasce, gli adulti lo addomesticano, dicendogli come deve comportarsi, in cosa deve credere, cosa è giusto, cosa è sbagliato e il bambino assorbe, stipulando un accordo (ovvero un patto implicito) con tutto ciò che gli viene fatto credere.

E cosa gli viene inculcato? Che è imperfetto, che non è abbastanza, che è normale soffrire e vivere nella paura. Ruiz scrive: “La nostra più grande paura è correre il rischio di vivere e di esprimere ciò che siamo realmente” e questo perché abbiamo paura di non essere accettati e abbastanza bravi secondo gli standard che ci sono stati imposti. Diventiamo dei giudici severissimi degli altri, ma soprattutto di noi stessi: viviamo il sogno della società, tralasciando di realizzare il nostro.

La bella notizia è che è possibile “svegliarsi” e rompere gli accordi che fanno soffrire, stipulando i cosiddetti Quattro Accordi, strumenti e principi per il Potenziamento Personale, un vero e proprio piano di battaglia per coloro che vogliono ribellarsi e dichiarare “guerra d’indipendenza” alla società.

Quali sono?

  1. Sii impeccabile con la parola, ovvero prendi l’accordo con te stesso che sarai impeccabile con la parola. Quest’ultima, contrariamente a ciò che si può pensare, è molto potente, poiché attraverso di essa siamo in grado di creare gli eventi nella nostra vita e in quella degli altri, condizionandola totalmente (si pensi a Hitler, esorta Ruiz). Essere impeccabili con la parola significa non parlare contro sé stessi. Parliamo contro noi stessi anche quando apparentemente lo facciamo verso gli altri: se chiamiamo “stupido” un amico, questo ci odierà e il suo odio non ci farà stare bene. Ruiz ci ricorda anche che il pettegolezzo è la forma più diffusa e peggiore di utilizzo negativo della parola: ci porta ad imprigionarci nel veleno e nella menzogna, perché finiamo per vedere le cose e le persone con gli occhi dell’autore del pettegolezzo e non con i nostri.
  2. Non prendere nulla in modo personale perché “nulla di ciò che fanno gli altri è a causa nostra”. Anche se l’insulto è diretto a noi, non ha nulla a che fare con noi, ma con chi lo ha pronunciato: quelle parole esprimono le convinzioni, le emozioni, i valori, le difficoltà, le credenze di chi le ha pronunciate, quindi riguardano quella persona (Se, ad esempio, diciamo “stupido” a un amico, in realtà lo stiamo dicendo a noi stessi). Fare questo accordo significa diventare immuni alle opinioni e alle azioni degli altri: qualunque cosa pensino o dicano gli altri non mi toccherà, poiché so ciò che sono e non ho bisogno di essere accettato.
  3. Non supporre nulla. “Abbiamo la tendenza a fare supposizioni su tutto”. Quando avanziamo supposizioni, il più delle volte siamo in errore: spesso capiamo male, prendiamo la cosa in modo personale e ne creiamo un dramma (inutile). E perché si fanno supposizioni? Perché abbiamo l’esigenza di ottenere risposte; tuttavia, al posto che chiarire con l’altro attraverso una comunicazione autentica e diretta, rimaniamo fermi e chiusi sulle nostre errate convinzioni. Esempio: supponiamo che la nostra migliore amica sappia cosa proviamo o vogliamo; se questa non farà ciò che desideriamo, ci sentiremo feriti, perché davamo per scontato che lei dovesse sapere. “Supporre che gli altri sappiano ciò che pensiamo e che perciò non sia necessario dirlo, è un errore che accade in ogni tipo di rapporto”, si legge. L’accordo sbagliato sottostante è questo: ” Non è sicuro fare domande e, se qualcuno ci conosce, deve sapere automaticamente ciò che desideriamo”…ma non è così! Perciò meglio comunicare, fare domande e chiedere chiarimenti. Sempre.
  4. Fai sempre del tuo meglio. In qualunque circostanza, ovunque tu sia, sano o malato, fai sempre del tuo meglio, perché se fai del tuo meglio non avrai motivo di giudicarti e se non ti giudicherai risparmierai sofferenze e sensi di colpa. Fare del proprio meglio significa agire per il piacere di agire, non perché ci si aspetta una ricompensa. Facendo del proprio meglio ci si diverte e non ci si annoia, si impara ad accettarsi. Agire consente di vivere appieno la vita ” essere vivi e correre il rischio di uscire nel mondo a esprimere il proprio sogno”. Ad esempio, banalmente, si può fare del proprio meglio per soddisfare i bisogni del proprio corpo concedendosi una doccia- rituale, per dirsi quanto ci si ama e si ama il proprio corpo. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi, Don Miguel Ruiz lo sa bene; ma il quarto Accordo ci dice proprio questo: fai del tuo meglio; ti capiterà di cadere, ma ti rialzerai; i vantaggi saranno comunque enormi!

Rompere i vecchi accordi significherà diventare liberi come i bambini, che fanno tutto ciò che desiderano senza preoccuparsi del passato e del futuro; che si godono la vita, giocano, si divertono e sono felici.

Se i risultati possono essere questi, che aspettiamo a provarci?