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Nel post precedente, prendendo spunto da un’interessante lettura – Insegnare a imparare di Chrys Argyris – vi ho parlato del ragionamento difensivo e del circolo vizioso che spesso s’innesca, anche e sopratutto, in realtà organizzative composte da professionisti di alto livello e preparazione. Il punto è che anche quando gli individui si focalizzano sul proprio atteggiamento per migliorare la propria performance difficilmente se ne liberano, poiché, o ne sono inconsapevoli, o, se ne vengono a conoscenza, fanno ricadere la colpa sugli altri.
L’autore offre interessanti vie di fuga da quella che considera una vera e propria prigionia del ragionamento difensivo, che spesso spinge i professionisti a ricercare l’origine dei problemi al di fuori di sé, senza mettersi in discussione. Se si vuole imparare a ragionare produttivamente, occorre esaminare in maniera critica gli schemi d’azione che realmente si applicano. In che modo? Argyris suggerisce di connettere le esperienze formative alle difficoltà professionali che quotidianamente si incontrano. Solo così ci si può rendere conto di come il ragionamento produttivo possa influire positivamente sulla propria performance e su quella dell’organizzazione.
Come si può tradurre tutto questo nella pratica? Ad esempio, elaborando un case study su un vero problema aziendale, che dovrà diventare il punto focale di un’indagine più approfondita. Questo faciliterebbe la discussione su argomenti mai affrontati prima e porterebbe il professionista e l’intera organizzazione a lavorare più apertamente, efficacemente e in modo flessibile. Così facendo i professionisti imparerebbero ad esaminare criticamente il proprio ruolo nelle difficoltà, che spesso sorgono nello svolgimento del lavoro. Solo ammettendo di essere parte del problema si è totalmente dediti al miglioramento continuo!