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Se non sei sicuro del perché i social media siano importanti per le imprese o non hai nemmeno idea di che cosa siano i social media, Li e Bernoff (Charlene Li e Josh Bernoff della Forrester Research) sono pronti a fornirti un’ampia panoramica in merito. “L’onda anomala – interagire e collaborare con i consumatori ribelli” rappresenta il “Santo Graal”, “la Stele di Rosetta”, una facile e ben servita chiave di lettura per chi come me sapeva (e ritiene di sapere ancora) poco o nulla sul reale utilizzo delle tecnologie web a supporto delle imprese.
Questo libro è un manuale di jujitsu per i manager. Come un sensei, i due autori cercano di insegnare le tecniche del social media marketing senza avere la pretesa di approcciare “colpi letali” sin dalle prime pagine, ma partendo dai rudimenti, dalla persona, dall’ascolto dell’altro (il mercato). Si parte quindi alla scoperta delle forze che popolano il “nuovo” mondo online, proseguendo nella condivisione degli strumenti necessari per affrontarle, sino a fornire al lettore le armi (le tecniche) che potrà utilizzare a vantaggio del proprio business.
Un trend sociale attuale è quello in base al quale le persone usano le tecnologie (e non le istituzioni tradizionali come le grandi imprese) per procurarsi ciò di cui hanno bisogno. Alla Forrester Research Li e Berny (Bernoff è il nome ufficiale ma Berny mi pare scorra meglio accanto a Li) chiamano questo fenomeno “Onda Anomala”.

Il testo parla di metodo, mette in evidenza il fatto che non esiste una formula vincente per qualsiasi organizzazione, una ricetta da applicare alla lettera. Fornisce invece diversi approcci e tecniche (una su tutte la metodologia POST), che mettono in evidenza quanto sia importante ascoltare il mercato (capire con chi si ha a che fare), chiarire gli obiettivi e la strategia ancor prima di parlare di tecnologia. Questo mi piace molto: vedere nel social media marketing il mezzo per raggiungere un obiettivo e non l’obiettivo del business.

Altro elemento interessante: il libro è ricco di numerosissimi case history (prevalentemente di grandi aziende americane e multinazionali) che coprono diverse tipologie di industrie e organizzazioni.

Viene citato, inoltre, un sito internet il cui blog offre spunti sulle modalità di interazione con un potenziale target di riferimento, sulla base di tipologie di organizzazione e di gruppi di età.

Tra i punti di debolezza, così come spesso accade per ricerche in ambito tecnologico, il fatto che le informazioni messe a disposizione non forniscano nessun (o quasi) riscontro per la realtà italiana. Siamo tagliati fuori da tutte le statistiche, a differenza della Corea del Sud che sembra farla da padrone in quanto a utilizzo “attivo” dei social media.

A tale proposito devo ammettere la mia ignoranza: non sapevo che la Corea del sud fosse così progredita in ambito tecnologico-sociale; invece, navigando in rete, ho trovato anche questo appunto: “Nella Corea del Sud le scuole primarie adotteranno, da qui al 2015, i lettori digitali come supporto per la veicolazione dei contenuti, facendo scomparire i testi scolastici nel tradizionale formato librario (CdS)”… Ebbrava Corea!

Ora che grazie a questo libro ho acquisito maggior dimestichezza con le nuove tecnologie web, non mi rimane altro che trovare un sapiente guru coreano da seguire. Dove? Ma in Twitter ovviamente- lingua permettendo…