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La legge di Parkinson, nota a chiunque si sia mai occupato di Time Management afferma questo: “il lavoro si espande in modo da riempire il tempo disponibile per il suo completamento” (“Work expands to fill the time available for its completion”).

Prima di comprendere meglio il significato del Bias che per primo Parkinson individuò, vale la pena di dedicare qualche minuto a conoscere proprio Parkinson e scoprire in che contesto si sia affermato.

Cyril Northcote Parkinson fu un docente e storico navale inglese che, nel 1955, pubblicò sulla rivista Economist un articolo nel quale ironizzava sulle inefficienze e sulla burocrazia della pubblica amministrazione. Basandosi sulle sue esperienze di ufficiale di stato maggiore dell’esercito britannico durante la seconda guerra mondiale, Parkinson si rese testimone sarcastico di alcuni meccanismi produttori di inefficienza nelle organizzazioni, come quello della moltiplicazione dei subordinati dei funzionari pubblici per il mantenimento del loro status e l’ aumento del loro prestigio.

L’articolo fu poi ripreso nel saggio del 1958 “The Law of Parkinson” che divenne un vero e proprio best seller. Per apprezzare il piglio ironico del volume è sufficiente scoprirne l’indice:

  1. La legge di Parkinson – o La piramide crescente
  2. La lista ristretta – o I princìpi della selezione
  3. Presidenti e comitati – o Il coefficiente di inefficienza
  4. Il volere del popolo – o L’assemblea generale annuale
  5. Analisi personologica – o La formula del cocktail
  6. Alta finanza – o Il punto di svanimento degli interessi
  7. Dalla catapecchia alla Packard – o La formula del successo
  8. Piante e piante – o Gli uffici dell’amministrazione
  9. Geloincompetenza – o La paralisi spasmodica
  10. Il momento della pensione – o L’età del ritiro

Leggiamo ora l’inizio di The Law of Parkinson per scoprire l’esempio del Bias che ci interessa approfondire.

“ll lavoro si espande fino a occupare tutto il tempo a disposizione per completarlo. O, come dice il proverbio, “l’uomo più occupato è quello che ha tempo da perdere”. Un’anziana nobildonna potrebbe impiegare un giorno intero per scrivere alla nipote che vive a Bognor Regis (in nota: Piccola cittadina del Sussex occidentale, si affaccia sulla costa sud dell’Inghilterra. Guadagnò una certa notorietà quando, nel 1929, fu scelta come luogo di convalescenza di Re Giorgio V). Le ci vorranno un’ora bella e buona per cercare il foglio, un’altra ora per dare la caccia agli occhiali, mezz’ora per trovare l’indirizzo, un’ora e un quarto per comporre il testo e venti minuti per decidere se uscire con l’ombrello per andare a imbucare la cartolina nella cassetta delle lettere dall’altro lato della strada. Possiamo concludere, dunque, che il carico di un’attività che impegnerebbe una persona indaffarata per non più di tre minuti, in altri può provocare un’intera giornata di ansia, dubbio e sfinimento.“

Sono passati più di 50 anni e probabilmente anche le nobildonne non hanno più l’abitudine di scrivere lettere e spedirle, tuttavia il messaggio di Parkinson è ancora valido perché individua un bias, una tendenza umana che potremmo sintetizzare così: più tempo abbiamo per realizzare un’attività e più tempo ci metteremo a completarla.

Non abbiamo forse tutti sperimentato la nostra capacità di fare in pochissimo tempo attività che in altri momenti ci avevano richiesto il doppio o il triplo del tempo? A quanti non è mai successo di dedicare mezza giornata a smaltire mail arretrate e farlo invece in una sola ora o anche meno quando la giornata lavorativa non consentiva di avere più tempo per quello?

La legge di Parkinson ci dice che se ci danno un mese di tempo per fare un progetto ci impiegheremo un mese, ma se ci danno 15 giorni per fare lo stesso progetto, molto probabilmente lo faremo in 15 giorni.

Quali conseguenze ha questo Bias?

Dal punto di vista delle organizzazioni come già aveva ben rilevato Parkinson, la legge ha effetto sulla distribuzione dei carichi di lavoro, sul numero di persone assegnate alle diverse attività; in sintesi sull’efficienza.

Come dice il sito Treccani: “.. la legge di Parkinson, che ha vari corollari, implica che in un’organizzazione il lavoro è più inefficiente se il tempo disponibile aumenta, mentre, in una situazione di scarsità di tempo la necessità di raggiungere l’obiettivo favorisce l’efficienza.”

Naturalmente il tema dell’efficienza riguarda anche il singolo ma su questo c’è un effetto particolarmente interessante che vale la pena osservare: siamo propensi ad attribuire importanza e complessità ai compiti sulla base del tempo che ci viene assegnato.

Come metterci al riparo dalla legge di Parkinson?

Come sempre il primo passo per affrontare un bias è esserne consapevoli.

Prendere coscienza di quali siano le situazioni in cui ci accade di occupare più tempo del necessario nel fare le attività è un ottimo punto di partenza..

Il secondo è quello di coltivare l’abitudine di dare un tempo a ciascuna delle attività da svolgere: sia quelle routinarie che quelle straordinarie.

Infine abbiamo compreso grazie a Parkinson che se non abbiamo una scadenza il tempo si dilata e noi ci sentiremo frustrati perché avremo la sensazione di essere improduttivi.

Lo sa bene Elon Musk, famoso per porre a se stesso e a tutti i suoi collaboratori delle scadenze a dir poco irrealistiche: la sua tecnica, super stressante per chiunque lavori con lui sembra sia comunque uno dei fattori di successo delle sue imprese titaniche! E in effetti combattere la legge di Parkinson significa sfruttare al massimo le nostre potenzialità di focalizzazione e concentrazione!

Pur non puntando ad emulare Elon Musk ponendoci delle scadenze irraggiungibili (e neppure lo vogliamo) proviamo comunque a migliorare la nostra gestione del tempo a livello personale o magari attiviamo un intervento di Dimensionamento Organizzativo in azienda; la legge di Parkinson potrebbe essere così in qualche modo arginata!