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Un altro bias cognitivo di cui vogliamo parlare nel nostro blog riguarda il cosiddetto Effetto IKEA, chiamato anche effetto di possesso.
I bias cognitivi sono delle distorsioni, dei pregiudizi mentali, che spingono le persone a creare una propria visione soggettiva che però non è coerente con la realtà.
Oltre ai bias più comuni e conosciuti, ve ne sono altri che si innescano quotidianamente nella nostra mente, senza che ce ne si renda conto. Uno di questi è senza dubbio “l’Effetto IKEA”, secondo cui i consumatori attribuiscono una stima ed un valore superiore ai prodotti costruiti con le proprie mani rispetto a quelli semplicemente acquistati. Più in generale, l’Effetto IKEA parla di come si tenda a preferire maggiormente gli oggetti sui quali abbiamo speso sforzi per crearli (o assemblarli).

Il termine, introdotto da Norton, Professore di Business Administration presso Harvard Business School, da Mochon, dell’Università di Yale e dallo psicologo Dan Ariely, dell’Università di Duke, deriva dal nome del produttore di mobili svedesi, famosi in tutto il mondo per essere venduti sul mercato ad un prezzo accessibile, ed inferiore rispetto alla media, e per la necessità di essere montati, una volta a casa, dai clienti stessi. Dedicare del tempo, energia e sforzi per la loro costruzione porta i consumatori ad innamorarsi delle proprie creazioni e, spesso, anche a sopravvalutarle.
Più è alto il contributo richiesto, più è profondo il legame che si instaurerà con l’oggetto. Però è bene sottolineare che se lo sforzo richiesto dovesse essere troppo alto, o se non si riuscisse a portare a termine il compito, l’effetto IKEA svanirebbe.
Attenzione allora: non diamo compiti troppo difficili che le persone non riescano a completare!

Quali sono gli effetti?
Proprio a causa dell’Effetto IKEA siamo spesso disposti a pagare di più per prodotti o esperienze che richiedono più lavoro, come preferire mobili da costruire o assemblare, piuttosto che comprarli già montati o progettati da esperti.
L’effetto IKEA può inoltre contribuire a darci un’immagine distorta e portarci a sovrastimare il nostro lavoro, rendendoci troppo sicuri di noi.
Come evitarlo?
Una strategia per affrontare il problema, e non soccombere all’effetto IKEA, è quella di chiedere un parere o un feedback a collaboratori esterni, che non abbiano partecipato alla creazione del prodotto e che non abbiano in alcun modo investito risorse nel processo, in modo tale che abbiano uno spirito critico ed una prospettiva imparziale e più veritiera.
Un’altra soluzione può essere quella di effettuare delle ricerche prima dell’acquisto in modo tale da valutare se si tratti davvero di una spesa conveniente.
Infine si dovrebbe confrontare il risparmio nell’acquisto con il valore del proprio tempo, ovvero considerare quanto tempo ci vorrà per assemblare il prodotto e valutare se il prezzo basso compensi davvero tutto il tempo necessario per poterlo utilizzare.
In caso contrario le aziende possono sfruttare a loro vantaggio l’effetto IKEA facendo pagare maggiormente i prodotti ai clienti, in modo tale da aumentare i propri profitti, anche quando essi si assumono il compito ed il costo di assemblarli. L’effetto IKEA potrebbe infatti portare i consumatori a trascurare il fatto che stiano facendo un cattivo affare.
Perché succede?
Una delle motivazioni alla base di questo bias sta nell’endowment effect (effetto dotazione), il quale afferma che le persone conferiscono maggior valore ai beni in loro possesso rispetto ad altri simili.
Inoltre abbiamo un bisogno psicologico di sentirci competenti, di accettare le sfide, di affrontare gli ostacoli che ci si presentano. La percezione e la convinzione delle nostre capacità di svolgere bene un compito, e portarlo a termine, è una componente fondamentale per la salute mentale di ognuno. Infatti, chi ha un’alta percezione di sé sarà maggiormente motivata, meno vulnerabile allo stress, e si riprenderà più velocemente dai fallimenti. Assemblare un mobile o preparare una torta ci fa sentire bene, soddisfa un profondo bisogno psicologico e ci porta a vedere il nostro lavoro come più prezioso di quello che effettivamente è.
Un altro driver dell’effetto IKEA è legato alla dissonanza cognitiva. L’idea che sta alla base della dissonanza cognitiva, teoria sviluppata dallo psicologo sociale Leon Festinger è che, quando una persona ha idee, valori o comportamenti contraddittori, provoca una sensazione di intenso disagio e tensione. Quando questo disagio aumenta, la persona cercherà di ridurlo, ma ciò potrebbe portarla a cambiare il proprio comportamento o a modificare le proprie convinzioni sul mondo.
Per comprendere l’effetto IKEA è importante comprendere anche uno specifico tipo di dissonanza cognitiva, la cosiddetta “giustificazione dello sforzo”. Ci consideriamo delle persone razionali e consapevoli, che non sprecherebbero tempo, denaro ed energia per costruire il tavolo da pranzo o la libreria nuova, quando avrebbero potuto comprarlo già assemblato. Di conseguenza facciamo un aggiustamento mentale inconscio che fa sì che il nostro nuovo tavolo, o la libreria, siano più preziosi e pregiati degli altri e che lo sforzo per realizzarli sia valso la pena.
Come “sfruttare” l’effetto Ikea?
Questo principio non lo troviamo solo da IKEA, ma è alla base di diversi brand quali la LEGO o marchi alimentari, come Cameo, Blue Apron e Hello Fresh, che offrono prodotti semi-lavorati che richiedono però un tocco finale e creativo da parte del consumatore.
Sempre più aziende sono consapevoli del fatto che coinvolgere i propri clienti sia un aspetto molto favorevole, in quanto consente loro di sentirsi parte attiva del processo e crea in loro un senso di orgoglio.
L’obiettivo finale deve essere quello di co-creare un prodotto o un servizio con il consumatore o di permettergli di personalizzarlo, in questo modo egli si riterrà più soddisfatto, maggiormente coinvolto e fedele al brand.

Anche noi in Project Group abbiamo “sfruttato” l’effetto Ikea ogni volta in cui abbiamo proposto una esercitazione coinvolgente durante i nostri corsi di formazione!
E voi? Quali effetti Ikea avete già sperimentato?!