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Chi l’ha detto che la procrastinazione è un’abitudine da sconfiggere? In “Procrastinazione…vi dice qualcosa?” avevamo già commentato un articolo in cui l’autrice forniva preziosi consigli per non farlo più, o quanto meno provarci. Suggerimenti utili e condivisibili, ma se ci fosse qualcuno a sostenere la tesi contraria? Secondo l’autore di “Don’t read this unless you’re too busy” la procrastinazione avrebbe risvolti positivi, anche sulla nostra produttività. Lui stesso un procrastinatore, mi ha convinta (in fondo non è stato difficile…lo sono un po’ anche io).
Innanzitutto, scrive, non è vero che chi ha la tendenza a rimandare gli impegni è pigro, scarsamente produttivo o un “fannullone” (ogni riferimento a Brunetta è puramente casuale). Certo, come per ogni cosa, meglio non abusarne, ma studi e ricerche hanno dimostrato che le idee più creative vengono generate quando la nostra mente è impegnata in attività “lievi”, di immaginazione, visualizzazione o ispirazione creativa (in generale quando “bighelloniamo” e siamo in pausa, facciamo una passeggiata, osserviamo ciò che ci circonda, ci rilassiamo, ecc.). Insomma, quando crediamo di stare perdendo tempo è proprio il momento in cui invece stiamo costruendo qualcosa per noi stessi e per il nostro lavoro.
Ed è a proposito di questo che l’autore cita “Building Resilience by Wasting Time“, scritto da Jane McGonigal, inventrice del gioco del SuperBetter, sull’Harvard Businss Review. Sostiene la tesi secondo la quale impegnarsi in attività non produttive, ma un po’ impegnative (piccoli esercizi come guardare immagini, camminare e osservare il paesaggio, giocare a video giochi), può aiutare a migliorare la concentrazione, diventare più intraprendenti, determinati e resistenti alle difficoltà (resilienti), quindi meno arrendevoli. Procrastinare, dunque, nel senso di spendere anche del tempo in attività non produttive, è assolutamente ok.
Innanzitutto, ci raccomanda di sviluppare la nostra resistenza fisica: allenare il corpo e la mente a reagire efficacemente in situazioni stressanti ci aiuta a non accusare in modo irreversibile i colpi che riceviamo e a riprenderci in meno tempo.
Altro ingrediente indispensabile: la forza di volontà. Presente in modo proporzionale all’esercizio che se ne fa, occorre potenziarla con compiti privi di un obiettivo preciso (tanto meno produttivo) come schioccare le dita 50 volte; non avendo uno scopo particolare, infatti, dovremo dargliene uno noi e questo non farà altro che aumentare la nostra capacità di trovare motivazione e spinta intrinseche.
Anche esercitare la resilienza emotiva è indispensabile al nostro rafforzamento. Il suggerimento è quello di applicare la regola del 3:1, che consiste nello sperimentare, nel corso della giornata, 3 emozioni positive per ogni negativa. L’autrice ci offre qualche idea in proposito: guardare un cucciolo di animale, giocare ad Angry Birds e vincere (…ma, in caso di sconfitta, dovremo trovare ben 3 situazioni in grado di risollevarci il morale?).
Dulcis in fundo troviamo la resilienza sociale, ovvero la capacità di intessere relazioni che possono rivelarsi utili al reperimento delle risorse a noi necessarie. Ottimo, quindi, riuscire a mantenere buoni rapporti con gli altri, inviando poche righe di ringraziamento o di saluto via e-mail, chat, o messaggio di testo. Può rivelarsi molto utile anche stringere la mano con decisione e sostenere la presa per qualche secondo: il tatto aumenterebbe i livelli di ossitocina nel sangue e quindi la fiducia reciproca. (Livelli elevati di ossitocina sono stati associati a un incremento di fiducia tra gli interessati).
Dunque: molto bene le pause, le attività ricreative e tutto ciò che può stimolare creatività, resistenza fisica e mentale. Attenzione però a non abusarne. Anche l’ozio, mi pare di capire, necessita di una sua organizzazione.