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In pillole: 

La Teoria delle Dimensioni Culturali di Geert Hofstede offre uno schema di lettura delle differenze tra culture; può risultare utile in contesti di lavoro multiculturali, in cui la “convivenza” tra colleghi stranieri può causare problemi legati ai differenti modi culturali di agire e interagire. La Teoria individua le seguenti 5 dimensioni culturali attraverso le quali è possibile fare uno screening dei diversi Paesi del mondo:

  1. la dimensione della più o meno grande distanza gerarchica tra gli individui
  2. la maggiore propensione al collettivismo o all’individualismo
  3. la predominanza di valori più femminili o più tipicamente maschili
  4. la dimensione del più o meno grande controllo dell’incertezza
  5. la dimensione dell’orientamento a lungo termine, contro un orientamento a breve termine

Tra cervelli in fuga, di ritorno, o in prestito e aziende che cavalcano nuovi mercati, capita sempre più spesso di dover lavorare a fianco di colleghi stranieri. Se da una parte la situazione è assai arricchente e produttiva, dall’altra può causare problemi di “convivenza” legati ai differenti modi culturali di agire e interagire; conoscerli ci può aiutare a trarre importanti indicazioni e, quindi, mettere in atto strategie di comportamento che appianino le possibili divergenze e facilitino la relazione professionale. Molto utile, a tale proposito, la Teoria delle Dimensioni Culturali di Geert Hofstede, che offre “uno schema sistematico per stabilire le differenze tra nazioni e culture”.

Ma quali sono queste dimensioni culturali? Il professore olandese ne elenca 5:

  1. La prima è la dimensione della distanza gerarchica (della distanza dal potere), ovvero: quanto gli individui appartenenti a una determinata cultura accettano gerarchie rigide e formali, e che il potere sia nelle mani di pochi? Bassi valori di distanza dal potere si riferiscono a una cultura che contempla un rapporto democratico, di scambio e uguaglianza tra capi e sottoposti. Alti valori di distanza dal potere, invece, contemplano una struttura gerarchica rigida e di disparità tra leader e collaboratori. In una situazione lavorativa di collaborazione internazionale, ad esempio, un dirigente arabo potrebbe dare per scontato che i propri collaboratori abbiano un atteggiamento di remissione e obbedienza nei suoi confronti; d’altra parte questi ultimi, ipotizziamo provenienti da paesi in cui prevale il valore della breve distanza gerarchica, potrebbero voler interagire con lui e, se necessario, criticarlo: in questo caso l’atteggiamento sarebbe molto lontano dal primo e potrebbe dare luogo a incomprensioni e conflittualità.
  2. La seconda dimensione è la dimensione del collettivismo o dell’individualismo, ovvero: quanto gli individui appartenenti a una determinata cultura sono aperti al gruppo e al raggiungimento degli obiettivi comuni, o, al contrario, hanno a cuore sé stessi e i propri obiettivi personali? Noi italiani, ad esempio, siamo tendenzialmente individualisti e lo possiamo riscontrare nella prevalenza e successo delle imprese a carattere familiare.
  3. La terza dimensione è la dimensione della femminilità, o della mascolinità, ovvero: gli individui appartengono a una cultura in cui i valori dominanti sono quelli di stampo tipicamente maschile, come assertività, ambizione, potere, materialismo e competitività, oppure di una cultura portatrice di valori tipicamente femminili, come la cooperazione e la collaborazione? Anche in questo caso, in ambito lavorativo, soggetti appartenenti a culture femminili tenderanno ad utilizzare prevalentemente negoziazione e compromesso per risolvere conflitti e problemi, mentre quelli appartenenti a culture di carattere maschile verteranno più sulla competizione, risultando naturalmente conflittuali.
  4. La quarta dimensione è quella del controllo dell’incertezza, ovvero: come un individuo appartenente a una determinata società gestisce situazioni di incertezza e ambiguità? Bassi valori nel controllo dell’incertezza indicano una maggiore accettazione di situazioni incerte e una maggiore apertura al cambiamento; alti valori nel controllo dell’incertezza implicano una maggior desiderio di avere tutto sotto controllo e di ridurre al minimo situazioni di imprevisto e di stress, anche attraverso regole e norme rigide. L’Italia, ad esempio, registra alti valori nel controllo dell’incertezza, mentre, per rimanere in Europa, Regno Unito o Irlanda convivono bene con l’idea di incertezza e di futuro non troppo pianificato.
  5. La quinta dimensione si riferisce all’orientamento a lungo termine (contro un orientamento a breve termine). Questa dimensione influisce su tutto ciò che riguarda l’ambito della decisionalità. Le società con orientamento a lungo termine sono caratterizzate da perseveranza e parsimonia; hanno una concezione del tempo lineare e un atteggiamento aperto al futuro e mirato al risultato. Le società cinesi, ad esempio, hanno un orientamento a lungo termine. Le società con orientamento a breve termine, invece, sono legate alla tradizione e all’impegno per gli obblighi sociali.

Come ogni teoria e rigida classificazione, anche questa non calza a pennello ad una realtà multiforme e variegata, ricca di individualità, prima ancora che di culture; tuttavia crediamo possa diventare un valido supporto in ambito professionale, utile a facilitare le relazioni e le dinamiche comunicative multiculturali.