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Un 15 enne lascia a bocca aperta analisti finanziari, manager ed esperti di web marketing, con alcune osservazioni sull’utilizzo che i giovani fanno delle tecnologie e di Internet. Sui blog parte la discussione: banalità o originalità? La storia di inizio estate (ripresa da Il Sole 24 Ore con una intera pagina) ha diviso le opinioni.

Lo studente liceale Mattew Robson durante lo stage estivo negli uffici degli analisti della Morgan Stanley a Londra, ha descritto in uno studio dal titolo «How teenage consume media» come lui e i suoi amici. Leggendo il rapporto del giovane stagista, investitori, analisti ed esperti del web sono rimasti stupiti. Il capo della ricerca sui media della banca d’affari londinese, Edward Hill-Wood ha definito le osservazioni di Robson «tra le più chiare, approfondite ed interessanti» che avessero mai visto, al punto di pubblicarlo e diffonderlo.

La relazione promuove Facebook a pieni voti perché «permette di interagire con gli amici su larga scala», mentre boccia Twitter che «ha molti iscritti ma non è utilizzato perché i profili non li vede nessuno e mandare messaggi consuma credito». Per il giovane stagista gli adolescenti non leggono i giornali perchè non interessati a lunghe pagine di testo. Preferiscono invece i titoli o le sintesi che si trovano sul web. Per quanto riguarda i cellulari invece a farla da padrone è il Bluetooth, che è gratuito, mentre i servizi che vendono suonerie, sfondi e applicazioni sono snobbati.

Le verità dello stagista quindicenne non hanno aggiunto nulla di particolarmente interessante per chi mastica la materia. Cosa c’è di nuovo nel fatto che con un 15enne ed un 30enne il marketing debba comunicare in modo diverso?

La riflessione è un’altra. Se un quindicenne è in grado di analizzare con tale lucidità il mondo mediatico che lo circonda (non con riflessioni geniali, ma con normali deduzioni alla portata di molti), il sistema si deve interrogare: si è compiuto un passaggio generazionale irreversibile. Oggi sin dall’adolescenza sono diffusi strumenti di valutazione qualitativa e di selezione dei messaggi. È una rivoluzione vera e propria che non può essere ignorata dagli strateghi del mondo dei media e che soprattutto spinge in una direzione univoca. Qualità, verità, capacità di analisi, alta selezione. Sin dalla tenera età.

La storia si inserisce nelle riflessioni dei due post precedenti: il futuro dei media non può prescindere dalla qualità, il posizionamento pubblicitario dei marchi (anche quelli delle piccole aziende), non potrà assolutamente trascurare l’abbinamento quasi automatico fra il messaggio pubblicitario ed il messaggio giornalistico, ormai complementari. Una interessante riflessione che peraltro ho ritrovato in questo articolo di Comunitàzione, che fa riferimento anche alla pellicola Videocracy, attualmente nelle sale.