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Un modo per ottenere creatività, produttività e innovazione all’interno di un’azienda? Eliminare il capo! No, non vogliamo compiere nessun delitto, ma negli States l’idea di impostare una struttura organizzativa piatta o fluida è stata sposata da parecchie aziende. Vengono definite Bossless Company (Aziende senza capo), in cui la divisione dei compiti e le mansioni predefinite sono solo un ricordo. Manager e dirigenti non servono più (ne basta qualcuno), le gerarchie si appiattiscono, a favore di un lavoro di cooperazione e collaborazione. Tale impostazione sembra seguire di pari passo, ed è consentita, dall’evoluzione della gestione della comunicazione e della conoscenza in chiave social all’interno dell’azienda, insomma in una parola dalla tecnologia. Ovviamente l’impostazione organizzativa varia a seconda dei casi e anche il livello di “libertà” è diverso. Forse qualche esempio può chiarire le idee.

L‘azienda americana L.Gore basa la sua organizzazione su gruppi di lavoro auto-gestiti che si creano e disfano a seconda del progetto. Una sola chief executive e pochi altri “titoli” tengono le redini dell’azienda.

I dipendenti, chiamati “associati“, sono fondamentalmente liberi, anche se chiamati a collaborare, secondo i principi di innovazione e indipendenza.

A seconda dei casi emergono differenti leader, ovvero quei colleghi che riescono a guadagnarsi la stima dei compagni e che vengono perciò riconosciuti come aggregatori e trascinatori delle attività. I ruoli di leadership, dunque, non vengono calati dall’alto, ma definiti dalla volontà dei membri stessi.

Perché tutto questo? Alla base, la convinzione che in una siffatta struttura i lavoratori siano più coinvolti e motivati e che riescano a dare il meglio in termini di creatività e innovazione. Da qui si capisce anche la necessità della Gore di mantenere e reclutare le risorse migliori, consentendo, ad esempio, molta flessibilità nella gestione delle ore di lavoro o fornendo strumenti e risorse utili al perseguimento degli obiettivi, come rimborsi per la formazione, assistenza per i figli, benefici per i conviventi e così via.

Anche la General Electric ha improntato il suo lavoro su squadre che si autogestiscono, almeno per quanto concerne il settore aerospaziale. In questa divisione i capireparto sono solo un vecchio ricordo: un leader assegna gli obiettivi di produzione, ma sono i lavoratori coinvolti a deciderne modalità e tempistiche. Il principio di base è sempre il medesimo: concedendo maggiore libertà e partecipazione anche nei processi decisionali si ottiene più produttività.

Lo scambio di idee, ritenuto fondamentale per il funzionamento aziendale, è favorito dai Wok-Out, incontri promossi e condotti dai manager di GE, per incoraggiare il confronto tra i diversi professionisti. Controindicazioni? Ogni anno ogni dipendente viene valutato e se il suo cammino professionale è in calo viene invitato a lasciare l’azienda!

Non si può, infine, non citare la Valve di Bellevue, azienda statunitense di videogiochi. Forse la più bossless di tutte, il suo modello è definito iper-democratico. Anche in questo caso il lavoro si basa su attività di gruppo per progetti temporanei.

I principi fondamentali sono libertà e cooperazione, sempre al fine di incentivare fantasia, innovazione e produttività.

Manca totalmente una figura leader e le decisioni vengono prese di comune accordo tra i dipendenti, anche quelle che riguardano i colleghi. Ad esempio: lo stipendio di ognuno è calcolato sulla base del punteggio fornito dai compagni, chiamati a chiedersi: quanto riteniamo sia efficace il contributo del soggetto “X” verso l’azienda?; lo stesso dicasi per il licenziamento, anche questo deciso per votazione interna.

Manca il capo, ma l’ambiente di lavoro mi pare tutt’altro che rilassante, soprattutto nel caso di Valve: libertà e flessibilità non sono affatto sinonimo di leggerezza; la rigidità si concentra tutta alla fine, nel momento della valutazione dei risultati.