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Amore, il termine più inflazionato del mese. Tra poco è San Valentino ed è difficile non incappare in cuori di tutte le forme, grandezze e materiali. Ho pensato molto a come potere uscirne indenne e…mi è tornato alla mente un bellissimo libro di Marco Vitale sui proverbi di Calatafimi, applicati ai grandi temi dell’impresa. Uno di questi si riferiva proprio all’importanza dell’amore e la traduzione è più o meno questa: “L’amore è amore, non è un brodo di ceci”. Insomma, è una cosa seria, mica “pizza e fichi” direbbe la sottoscritta. Ma l’aspetto più interessante è che l’autore ne parla riferendosi all’ambito lavorativo. Nulla a che vedere, quindi, con fidanzamenti o matrimoni, bensì lavoro e professione.

Vengono scomodati autori come Kahlil Gibran o Primo Levi, di cui riporta una frase molto significativa del romanzo “La chiave a stella”. La citazione recita così: “Amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”. Da questo breve riferimento si può capire perché sia così importante l’amore e soprattutto amare ciò che si fa. Non solo perché consente di vivere, ma soprattutto perché ne va della nostra felicità, del nostro modo di sentirci e, quindi, della nostra vita. Possedere un impiego che piace e che appassiona rende contenti e soddisfatti.

Accostati all’amore e al lavoro, vi sono ovviamente anche i sentimenti di fatica, rinuncia, perseveranza e lotta. Non è forse importante, infatti, fare bene e con cura ciò che si è chiamati a fare? Stancante di certo, ma quanto è bello vedere i frutti e i risultati dei propri sforzi, creare valore per sé stessi e per gli altri, essere soddisfatti della buona riuscita? Non sono questi, in fondo, gli aspetti che possono aiutarci a reggere un lavoro che non amiamo o che possono rendere ancora più apprezzabile una professione che è già nel nostro cuore?