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Cosa succede quando l’impiego che troviamo non è all’altezza delle nostre aspettative e della nostra preparazione? Succede che spesso e volentieri dobbiamo accontentarci di un lavoro diverso da quello che avevamo sognato e pensato per noi…Tuttavia, citando un detto, “non tutto il male viene per nuocere” e nella maggior parte dei casi si tratta di un periodo limitato e dal quale poter trarre insegnamenti proficui e costruttivi.

Concorderà con noi Michela Murgia, autrice di Il mondo deve sapere, diario autobiografico di un’esperienza di lavoro in un call center. Il libro, non solo ha fatto da apriporta alla Murgia per una brillante carriera da scrittrice, ma è stato anche motivo di ispirazione per Virzì in Tutta la vita davanti, film ironico-malinconico sulle difficoltà d’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. La protagonista è Marta, interpretata dalla bella Isabella Ragonese, che, nonostante una laurea in filosofia, non trova alcun impiego se non come telefonista. Il lavoro nel call center la introduce in un mondo nuovo e inaspettato, in cui emergono chiara l’ossessione all’ambizione e alla riuscita, da raggiungere ad ogni costo, anche attraverso tecniche di vendita atte a circuire e aggirare il cliente. Emblematica la figura interpretata da Sabrina Ferilli, che in qualità di capo telefonista attua una serie di tecniche motivazionali alquanto inusuali: canzoncine motivatrici da cantare e ballare a inizio turno (avete presente quelle dei villaggi vacanze?), un sistema di valutazione scolastico e uno di premiazione ufficiale con consegna di piccoli gadget.

Comico e grottesco Fuga dal call center è un lungometraggio di genere documentaristico che, attraverso la storia di una coppia di giovani laureati costretti a lavori umili e poco remunerati, racconta le difficoltà e il disagio di vivere in una condizione tutt’altro che ideale. E’ ancora una volta il call center a fare da sfondo alle scene, come quella in cui Gianfranco, il protagonista, dichiara al proprio collega di avere due lavori, perché uno non gli basta.
Insomma, lavorare in un call center non è un gioco da ragazzi, ma è assolutamente utile a temprare il corpo, ma soprattutto lo spirito!

Accontentarsi di un lavoro “diverso” appare invece più complicato per le persone più adulte, come è ben descritto in Giorni e nuvole, in cui un bravissimo Antonio Albanese interpreta un imprenditore nel pieno della sua carriera, che viene liquidato dai soci e che si trova a dover affrontare la durissima esperienza della disoccupazione, costellata di colloqui di lavoro, agenzie per l’impiego e attività temporanee nettamente più umili ed estranee a quelle d’originaria competenza. Il problema del lavoro non riguarda solo lui, ma anche la moglie neo-laureata, interpretata da Margherita Buy, che si vede costretta ad abbandonare la passione per l’arte e il restauro e a piegarsi al mondo del call center e della segreteria. Le ripercussioni sulla stabilità psicologico-emotiva personale e della coppia, come è facile dedurre, sono assolutamente negative e si concretizzano nella depressione e alienazione di lui, nell’ansia e preoccupazione di lei e nei continui litigi intrafamiliari.

Se, dunque, come emerge dalle opere cinematografiche citate, il lavoro è questione esistenziale implicante ogni sfera della vita umana personale e sociale, non è forse logica la tragicità della sua incertezza e non è forse una delle sfide della vita quella di trovare il “lavoro giusto”?