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E se il car pooling è il cugino del car sharing…il bike sharing in che grado di parentela si colloca? Il concetto di base è il medesimo e la traduzione letterale molto simile: condivisione della bicicletta.
Non è altro che un servizio fornito dai Comuni ai cittadini, per poter circolare in città con la bicicletta, o utilizzarla come mezzo che integra i mezzi pubblici.
Come funziona? Vengono predisposte delle stazioni in posti cittadini strategici e le biciclette sono bloccate con chiavi o tessere contactless. E’ sufficiente sottoscrivere un abbonamento, dopodiché il ritiro e la riconsegna del mezzo può avvenire 24 ore su 24 (anche se ci sono eccezioni, come ad esempio a Milano), nelle stazioni convenzionate e, in genere, non obbligatoriamente le stesse.
Dati significativi, ma non recentissimi (2009), relativi alla diffusione e alle caratteristiche del servizio, si possono ritrovare all’interno delle relazioni esposte durante il II Convegno del Club delle Città per il Bike Sharing.
Secondo tali fonti il Bike Sharing sarebbe diffuso prevalentemente nel nord e centro Italia.
I sistemi del servizio sarebbero di piccole dimensioni a causa della conformazione del territorio, caratterizzato da una urbanizzazione diffusa, con città medie e piccole. Proprio la dimensione limitata dei centri differenzierebbe la struttura del bike sharing italiano rispetto a quello molto più ampio e diffuso di Francia e Germania, ove, è importante ricordarlo, lo spazio non manca e non è difficile creare itinerari ciclabili sicuri e protetti.
L’eccezione è rappresentata da Milano, che ha un sistema molto simile a quello delle maggiori città europee.
Come è facile dedurre, andare in bicicletta ha ricadute positive su benessere, inquinamento e portafoglio, ma anche un limite grosso, non trascurabile soprattutto dai lavoratori più “vagabondi”: costretti a portare sempre con sé fogli di ogni genere, libri e pc, hanno quanto meno la necessità di disporre di zaini o portadocumenti pensati appositamente per le due ruote.
Alcuni Servizi bike sharing propongono biciclette con il cestino...Tuttavia, nel caso non bastasse, il mercato offre diverse proposte: zaini ergonomici, borse laterali o carrelli (in realtà usati prevalentemente nei paesi anglosassoni e per veri e propri viaggi turistici).
Qualcuno, per ovviare al “problema trasporto valigetta da lavoro”, ha creato addirittura la commuter bike, la bicicletta del pendolare, fornita di un comodo alloggiamento incorporato nel telaio, che consente di riporre la maggior parte delle valigette. Tale idea, però, oltre ad essere poco economica non può essere applicata alle bici del Servizio (a meno che quest’ultimo non decida di inserirne alcuni esemplari nella propria offerta).
Che dire dunque? Chi può ed ha la fortuna di non dover “trasportare casa” per recarsi al lavoro, ne aprofitti.
A tutti gli altri non rimane altro che aguzzare l’ingegno…o rivolgersi ad altro mezzo!